
26 maggio 2004
Dietro lo schermo
La parete, qualche segno di matita. Irregolarità sparse e assortite raccontano di pennelli frettolosi o distratti, fantasiosi prolungamenti di mani imbrattate e gessose. Un lungo neon che illumina un po' stanco, consumato da notti di parole scritte e lette. Una improbabile comitiva di oggetti immobili e silenziosi, piccoli e sparsi, che aspettano solo che la mia mano li sollevi dall'inedia. Un vecchio temperino a forma di cilindro imbottito di cialde legnose, un fermacarte che sembra un uovo tagliato a metà, privato anche della dignitosa forma originale; una piccola ciotola d'argento che ambiva forse a còmpiti più nobili del contenere due pile usate, poggiata con irriverenza su un floppy disk nero. Uno stick per labbra vicinissimo al temperino, quasi a condividerne la solitudine; un fazzoletto di carta ancora ripiegato ma costretto contro la parete dal carica batterie del cellulare. Che assurda compagnia. Il portamatite con cassetti nel quale stazionano, più o meno perennemente, graffette, gomme, punti metallici e puntine da disegno. E naturalmente una matita. Una sola, insieme alle forbici e ad una rosa di cera col gambo di stoffa, regalo tenero e polveroso. Due sassi, uno grigio e uno nero, dalla curiosa forma somigliante ai miei strumenti. Piccole mani paffute hanno disegnato, sopra ai sassi, la sagoma di un saxofono e i tasti di un pianoforte, irregolari e sgangherati come il sorriso delle streghe buone delle favole.
Davanti a questa varia e immota pletora di oggetti, lo schermo. Davanti allo schermo corrono due mani, le mie. Tastiera più, tastiera meno, corrono per non andare da nessuna parte.
La parete, qualche segno di matita. Irregolarità sparse e assortite raccontano di pennelli frettolosi o distratti, fantasiosi prolungamenti di mani imbrattate e gessose. Un lungo neon che illumina un po' stanco, consumato da notti di parole scritte e lette. Una improbabile comitiva di oggetti immobili e silenziosi, piccoli e sparsi, che aspettano solo che la mia mano li sollevi dall'inedia. Un vecchio temperino a forma di cilindro imbottito di cialde legnose, un fermacarte che sembra un uovo tagliato a metà, privato anche della dignitosa forma originale; una piccola ciotola d'argento che ambiva forse a còmpiti più nobili del contenere due pile usate, poggiata con irriverenza su un floppy disk nero. Uno stick per labbra vicinissimo al temperino, quasi a condividerne la solitudine; un fazzoletto di carta ancora ripiegato ma costretto contro la parete dal carica batterie del cellulare. Che assurda compagnia. Il portamatite con cassetti nel quale stazionano, più o meno perennemente, graffette, gomme, punti metallici e puntine da disegno. E naturalmente una matita. Una sola, insieme alle forbici e ad una rosa di cera col gambo di stoffa, regalo tenero e polveroso. Due sassi, uno grigio e uno nero, dalla curiosa forma somigliante ai miei strumenti. Piccole mani paffute hanno disegnato, sopra ai sassi, la sagoma di un saxofono e i tasti di un pianoforte, irregolari e sgangherati come il sorriso delle streghe buone delle favole.
Davanti a questa varia e immota pletora di oggetti, lo schermo. Davanti allo schermo corrono due mani, le mie. Tastiera più, tastiera meno, corrono per non andare da nessuna parte.
posted by Albamarina at 00:18 |
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