Viaggio in Cile

di Franco Foschi

 

PRIME OSSERVAZIONI SU SANTIAGO.
Sarà la stanchezza (25 ore di viaggio…) e la lunga passeggiata, la città non mi è sembrata imperdibile. Ma sono davvero troppo stanco, vedremo domani. Unica osservazione importante: appena mollato lo zaino nell’alberghetto, dopo pochi metri un muretto e una prima scritta: Pinocho hijo de puta. Molto bene.

30 dicembre. Nonostante sia primavera, l’ombra è già un articolo molto ricercato. Nei giardini è quasi impossibile sedersi all’ombra. – Nei giardini de La Moneda mostra di alberi di Natale da tutto il mondo: a parte la suggestione di vivere in clima natalizio a 32° di temperatura, la cosa più kitsch alla quale ho mai assistito.
A Santiago tutto è in tremenda liquidacione…

Bella passeggiata al Mercado, pesce e pesce, gente, urla, tutto molto colorito. Ho anche mangiato almejas crude, una specie di ostriche proletarie. Buonissime: ma mi hanno sguazzato felici per lo stomaco fino a notte inoltrata. Ho tentato anche di ubriacarle con diversi pisco sour (per il mio cardiologo – tranquillo, la dieta la riprendo appena a casa: del resto ho perso 8 chili in due mesi, potrò riprenderne uno in vacanza, no?) ma questo le ha rese ancora più ebbre…

LA CHASCONA, una delle innumerevoli case di Neruda. Quieta, su tre piani ma costruiti su tre collinette diverse. Affascinante, tutta piena di memorabilia strepitose, personalissima. C’è anche uno stranissimo quadro di Diego Rivera, che si chiama “Le 2 Matilde”: lei, la donna del poeta, si vede sia di faccia che di profilo. Una è la Matilde ufficiale, sposta a non so chi, l’altra è l’amante di Neruda. Il cui profilo si intuisce tra i folti capelli della donna. Bello.

Ceno al Barrio Bellavista. Quartierino sia quieto sia animato, l’ambiente è popular e dolce. Quel che ci voleva dopo le lunghe marciate di oggi. E poi un bel ristorantaccio anche lui molto popular, ‘Venezia’, conduzione familiare molto spartana, dove ho mangiato un sacco per tre euro e mezzo. Considerato che dormo a 17 dollari in un alberghetto più che degno, dovrei riuscire a stare dentro al, diciamo così, leggerissimo budget che mi ritrovo…


*


31 Dicembre. Arrivo a Valparaiso. Memore dei giorni scorsi, mi presento con sandalino e pantaloni corti e maglietta. Ma fa un freddo perro. Batto i denti, fiato spesso come fumo di legna bagnata, e gelo, gelo, solo a un’ora da Santiago… Mi riprendo solo dopo aver comprato un grosso maglione marinaro, a davvero due soldi.
La città è un bel caos marinaro, sporca e approssimativa come molti porti del Sur. Poi, un’isola, si sale al Cerro Concepcion con un’ascensore a cremagliera fatiscente. In cima una quiete sonnacchiosa, stridette che si inerpicano incrociandosi l’una con l’altra in maniera curiosa, punteggiate da variopinte casupole, tutte rivestite di lamiere sgargianti. Una piccola delizia, appena sopra il caos

Una mostruosità è l’ultima grande opera edile di Pinochet. Una specie di mostruoso arco tipo Defense di Parigi, ma molto più cementato e grande, e orribile. Qui Pinocho trasferì il governo, come estremo tentativo di tenere sotto controllo la situazione. Curiosa continuità è la escuela italiana, sul davanti la data di costruzione, in numeri romani, è 1940, e campeggia tra due grandi fasci littori…

Nel pomeriggio, anche la Valparaiso costantemente affogata nella nebbia dell’oceano scopre il sole, e tutto è più gradevole.

Ho deciso che mi piacciono moltissimo le stazioni delle corriere, qui. Sono belle e confusionarie, piene di gente e gente, colori, voci, umanità insomma. Ma umanità in movimento, non quella che pigra trascina il tempo lungo i paseos commerciali.

Sulla strada del ritorno, spaventosa coda in autostrada verso Valpo, tutti vanno lì a passare la mezzanotte, e a Santiago l’assalto alle corriere. Valpo è famosa per i suoi fuochi artificiali.
Per quanto mi riguarda, che strano 31 dicembre! Alle 21 il sole è ancor altissimo, il caldo è notevole. Tutti alla Moneda, musica, balli, sbronze colossali. Buffo è l’andamento carnevalesco, mascherine, coriandoli… Sono tutti qui, metà della città, l’altra è a Valparaiso. Tutti in giro, o in terra coi loro piccoli business. Ma, devo dire, anche molti soli qua e là sui muretti, ad assaporare l’intangibilità della loro solitudine.

Tutto chiuso. Una pizzetta infame è tutto quello che sono riuscito a mangiare seduto a un tavolo, alle dieci di sera, pizzetta infame e ricolma senza motivo di olive nere.

A mezzanotte, sul tetto dell’albergo, in ciabatte e maglietta, mezzora di fuochi sontuosi. Molto suggestivo, soprattutto il tetto, i calzoncini e le ciabatte.


*


1 Gennaio. Un’altra esperienza da ‘una volta nella vita’. Arrivare il primo dell’anno a Punta Arenas. E’ il deserto. Nessuno per strada, locali tutti chiusi. Per fortuna ho letto che esiste un posto tipico, aperto 24 ore su 24, sempre. Lo proverò.
Hostal de la Patagonia, mi fermo qui, spendo niente ed è delizioso.
Il restaurante è Mercato: mangio bene, ma spendo un patrimonio: 10 euro! Ho provato questa meraviglia, chope de centolla, un’americana che era lì con me l’ha chiamato King Crab, quindi sono riuscito ad intuire che cosa stavo mangiando.

Punta Arenas è una delle città più a sud del mondo. Ma Punta Santa Ana è sicuramente il punto più a sud del Cile continentale. Affascinante, el buco del culo del mundo, ma è da qui che parte il mondo altro.

Pomeriggio al Seno Otway, una grande laguna, sede di una pinguinaia. I pinguini sono simpatici, e questo si sa. Ma straordinario è il tragitto per arrivarci: i chilometri e chilometri di piano nulla che così artatamente la Patagonia possiede. Verde alto al massimo mezzo metro, qualche strano mezzo struzzo, un paio di faine… Il famoso nulla della Patagonia.

Strana serata, tutto solo, a Punta Arenas. Mangio, leggendo, in un pub. Poi mi ritrovo su una panchina, nella piazza principale, il mio avana tra i denti, leggo, sono le dieci e mezzo di sera, alla luce naturale… Mi alzo e ho tutto un gran senso di riconciliazione. Ringrazio mio padre, che mi ha cresciuto libero. Poi qualche piccola epifania: un peschereccio illuminato in fondo alla via, nel buio, invece di una automobile, per esempio. Poi anche la realtà cruda di quel cartello: GOBERNACIONES PROVINCIAL DE MAGALLANES – INSCRIPCION PARA COMISION SOBRE PRISON Y TORTURA AQUI – LUNES-VIERNES 8.15-12.30


*


Lunga strada verso Puerto Natales. Ancora quell’intenso senso di spaventoso infinito, chilometri di vita intatta, verde, con le nuvole a due dita e il cielo a quattro. La strada lunghissima, perfettamente diritta, come nei sogni e nei depliants. Immensità senz’uomo.

Ancora quel desiderio, che solo una volta nella vita sono riuscito a soddisfare (in Etiopia). Scendere dall’auto, dire ciao a tutti e iniziare a camminare, dritto, nella pianura, verso niente. E dire che mi venissero a prendere dopo tre ore. Oggi, davvero impossibile.

Puerto Natales è una piccola, linda, graziosa cittadina. Sta sul lago che ovviamente non è un lago, ma un braccio di pacifico che aggetta nel continente. Alle spalle montagne innevate. Il vento, che toglie la prima pelle, rende la luce (e sono le dieci di sera) fenomenale. Luce impossibile nella mia grigia città, in Europa, piena di piombo e benzene e polveri.

El Rincon del Tata. Posto curioso, fumoso, tutto legno scuro e memorabilia. Ho pensato per due ore a Ted Nailon, perché per due ore è suonata solo musica dei Beatles.

Sulla strada per Torres del Paine, tappa alla cueva del Milodon. Grotta preistorica, bellona, niente di speciale. La cosa più interessante, per gli amanti del kitsch spinto, è la statua del Milodonte, strambo animale preistorico, alto 4 metri, di pura plastica al 100%! Torres del Paine è un parco magico, dove l’arte è la natura. E’ considerato patrimonio dell’umanità, la considerazione se la merita, speriamo cha anche l’umanità se lo meriti.

ANIMALI
I cigni dal collo nero.
Il guanaco è un incrocio tra un daino, un lama e un animale che non esiste. Però ha il muso di un dromedario. E un gran portamento.
Il nandu invece è un netto mezzo struzzo. Ti guarda un secondo, poi con negli occhi un lieve vaffanculo se ne va, sparato. Tocca i 70 all’ora, se vuole.

Lago Grey, ghiacciaio Grey. Comprensione della parola ‘mozzafiato’. Ma sulla lingua di sabbia che attraversa a metà il lago il vento, se tu fossi nudo, ti ridurrebbe uno scheletro in pochi minuti.

In otto in una jeep, sei ore di marcia: un solenne ‘chi se ne frega’ e un più sobrio ‘ne valeva la pena’.

Io sono solo fo-sci oppure fos-ci. Pronuncerebbero bene il mio cognome solo se fosse scritto fosqui.


*


5 Gennaio. La Nueva Galicia dovrebbe chiamarsi in realtà Vieja Galicia. E’ infatti una stramba carretta arrugginita, i suoi marinai sono ironici, come se sapessero benissimo che la loro barchetta può a malapena reggere la navigazione tra i fiordi, qui, e che in oceano aperto farebbe ridere il mare. Tra l’altro questa regione, la XII, di terra (poca) e acqua si chiama Ultima Esperanza…

Per entrare al Parco O’Higgins l’unica possibilità è questa barca. Bene. Il ghiacciaio Serrano è molto, molto più spettacolare del Grey visto ieri. Il mio unico pensiero va all’uomo: alle sue potenzialità enormi di distruggere (non che la Natura sia innocente, per carità, solo che ci mette più tempo, a suicidarsi), distruggere quest’arte naturale così finemente cesellata. Dopo ‘impressionante’ di ieri, oggi ‘appassionante’.

A Puerto Natales, in un piccolo business familiare, in vetrina ci sono: -alcune radio a transistor –un pacco di pannolini per bambini –due trapani –alcuni orologi –un pallone da basket –tre madonnine di plastica di taglie diverse –un cric per automobile –un paio di borse nere per signora –pacchi di biscotti –alcune candele –fiori di plastica –due sveglie –scarpe sportive di marca sconosciuta –latte condensato –(continua…)

Natales è un paese pre-trekking, quindi animato, con mille tipi di facce, ma tutto sommato non così significante. Pieno di sbarbi, questo sì: tutti americanizzati, in piazza uno aveva attaccato lo stereo (ovviamente techno a go-go) a un palo della luce…

Nella stragrande maggioranza, i cileni sono belli rotondetti, belle buzze prominenti, compresi i giovani: del resto mangiano solo empanadas, churros, e altre diavolerie fritte…

Tutti gli autisti dei pullman, almeno di quelli che ho preso io, si fanno il segno della croce prima di partire. Io lo trovo sempre un gesto un pochino inquietante.


*


Puerto Montt è un posto senza grandi attrattive, animatissimo. Si passeggia sul lungomare con tutto un gran senso di svacco. Più attraente è il villaggetto di pescatori a 2 km di distanza, Angelmo, dove c’è una confusione assoluta di cianfrusaglie, tutto su palafitte, compresi decine di microristorantini con due o tre tavoli al massimo.

Ad Angelmo, lungo una strada ripidissima, 4 maschi e 3 femmine, tutti tra i 7 e i 10 anni, giocavano a basket. Però senza il canestro. Era uno strano gioco fatto di passaggi, finte, inseguimenti… E tutte le volte che la palla correva verso il basso grandi corse e urla e risate, per prenderla prima che arrivasse giù, nella strada principale. Sono rimasto incantato a guardarli per mezzora.

Nella mia ossessione di bagaglio leggero, avevo due paia di scarpe, due paia di pantaloni, e poco altro. Il primo paio di scarpe mi ha tradito a Santiago, aprendosi ignomignosamente. Qui mi ha tradito un paio di pantaloni. Gli ultimi giorni, il mio paio di pantaloni e il mio paio di scarpe cammineranno da soli.

Residencial Urmeneta. Sistemazione familiare, economica. Vecchia casa di legno, una corte centrale e stanze attorno. L’enorme cucina, dipinta di verde scuro, con la gigantesca stufa, la legna ammucchiata sotto una tettoia nella corte, la colazione tutti assieme in cucina, mi hanno ricordato la mia infanzia nella mia casa avita (40 anni fa…) in situazioni analoghe. Un bellissimo tuffo nella memoria, tra l’altro molto economico.

ISOLA DI CHILOE’
Trionfa la storia di El Trauco. Il quale è una specie di mostro, che nessuno vede, ma tutti sostengono di aver perso per un pelo… Questo simpatico mostro che fa nella vita: mette in cinta tutte le donne senza un compagno: così, eh, è stato El Trauco…
150.000 abitanti, 150 chiese, una chiesa ogni 1000 persone. (Troveranno sempre tutti da sedere). 100% della popolazione cattolica. Però, alla fine, ciò che succede è la storia di El Trauco…
Oltre al tempo cronologico, che mi ha permesso di scorrazzare liberamente per quest’isola magnifica (la seconda del continente, per dimensioni: la prima è la Terra del Fuoco) anche il tempo atmosferico ha collaborato: blu totale. Penso al mio amico Claudio, gran viaggiatore, che qui ha beccato sempre e solo pioggia.
E’ una specie di Svizzera tutta colline e verde e mucche pezzate lindissime. Con in più insenature improvvise di mare. Caulin è una baia lunghissima, quieta, piena di cigni dal collo nero e fenicotteri. E Mar Brava, spiaggia selvaggia e perfettamente circolare, con l’oceano impetuoso.
A Fuerte San Antonio, sulla punta di Ancud, un prato perfetto per sdraiarsi e vedere il mare. Un’ora di silenzio totale, rotto solo dagli stridii metallici dei gabbiani (i marinai li chiamano ‘i topi del mare’). Sette pellicani, in fila per uno, volavan verso est pellicaneggiando.
Inoltre è primavera, tutto è fiorito. Neppure la ripresa dei miei starnuti da polline ha rotto l’incanto.
Ancud, che fa 40.000 abitanti, sembra una cittadina di Lego. Tutte casette basse, di legno, colorate. Il motivo è semplice: nel 1980 ha avuto 8.000 morti per un terremoto. Da allora nessuno ha più avuto il coraggio di costruire case a più di un piano. Comprensibile


*


Come nella maggior parte del Sudamerica, Eros Ramazzotti è un mito anche in Cile. Mah. Uno che ha il nome di un digestivo… Ma va forte anche l’ultimo disco di Salvatore Adamo (!), e poi la musica italiana (cilenizzata) degli ’80: Matia Bazar, Umberto Tozzi, Patty Pravo, e addirittura Rita Pavone…

Lasciando la Panamericana verso la costa, verso Valdivia, la strada s’inerpica e serpeggia tra boschi bellissimi di abetaie e altre conifere, un paesaggio quasi svizzero, quasi canadese, pre-dolomitico.

Il bel tempo m’insegue spietatamente, anche a Valdivia.Che è una città bellassai, allegra, c’è una pimpante università, quindi colore, gente vivace… Sono arrivato all’ora spettacolare: al mercato del pesce sul lungofiume stavano chiudendo. Come chiamate a raccolta, sono arrivate centinaia di gabbiani e cormorani e pellicani a papparsi gli avanzi, ma soprattutto alcuni enormi leoni marini per niente timidi, che salgono dall’acqua scavalcando i parapetti con agilità sorprendente per la loro stazza, per prendersi le teste di pesce e altro direttamente dalle mani della gente. Sono impressionanti, pesano come due uomini, e il tutto è davvero uno spettacolo.

Il Cile è il paese dei perros. Infatti i cani scorrazzano liberi ovunque, nelle grandi città come nei piccoli paesi, a volte a gruppi di 5 o 6, scatenati nel rincorrersi. Nessuno li considera.

Splendido giro in barca sul Rio Valdivia e sui suoi bracci, che hanno nomi buffi come Calle Calle o Cau Cau, dove la natura è raggiante e intangibile.

Chissà se è una buona idea. Stanotte la passo in bus, fino a Santiago. Se riesco anche a dormire sarà un bel risparmio.
(dopo 10 ore: qualche sogno, e un continuo cercare nuove posizioni per le gambe. Accettabile).

*


Quando si dice il mondo. Qui da McDonald’s vendono il McChurrasco…

Nel tragitto verso Niebla, avevo preso un colectivo, molto economico. Venti posti a sedere, 39 persone dentro. Ogni buca sentivo gemere le sospensioni che mi entravano, per così dire, nel coccige.

Piccola genialità spicciola. Un negozio che vende penne e lapislazzuli, di proprietà del Senor Lopez: insegna: LAPIZ LOPEZ. – E un’altra stramberia: il negozio vende articulos para invalidos (carrozzelle e altri aggeggi ortopedici), productos naturales (erbe e mille robe omeopatiche) ed è anche una relojeria (vende e ripara orologi). Cioè se uno vive in carrozzella, si cura con prodotti naturali e ha l’orologio rotto, il massimo.

Oggi doveva essere una giornata interlocutoria a Santiago. In attesa di andare domani a trovare Luis, a Coquimbo. Invece una visita preziosa, al Museo della Solidariedad Salvador Allende. Si trova un po’ decentrato in una splendida casa coloniale (tra l’altro appartenuta alla poetessa Gabriela Mistral), dove sono contenute le opere d’arte donate da artisti di tutto il mondo ad Allende, per celebrare la vittoria del socialismo. In un primo momento è piuttosto sorprendente constatare quanto poco le opere siani di attinenza politica, per la maggior parte. Ma poi si entra in una sala diversa, per scelta non ristrutturata, che contiene la mostra permanente Nunca mas (mai più). Questa a sua volta contiene tutti i disegni con la descrizione della vita nel campo di concentramento dell’isola Dawson, nel freddo sur della Patagonia. Li ha fatti l’architetto Miguel Lawson, e sono un concentrato di orrori dei torturatori e di straordinaria volontà di vivere dei torturati. Si esce addolorati e commossi, l’intensità è la stessa che o provato al Museo dell Guerra di Saigon: dovrebbe essere una visita obbligata, perché tutti trovino la forza di dire nunca mas.


*


Quando Luis (non starò a dire come l’ho conosciuto) mi ha mandato la prima e-mail, ha scritto ‘abito vicino a Santiago, a Coquimbo, solo 6 ore di pullman’, tanto per dire quanto è grande il Cile. In realtà di ore per arrivarci ne ho messe 8,.
Luis è un tipo stranissimo. Americano, è un biologo marino, dal 1968 vive qui. Ha insegnato all’università, ora si è ritirato, continua a fare studi da privato sulle conchiglie, e traduce. La sua casa è fantastica, se l’è fatta da solo, è un concentrato di follie e memorabilia, praticamente un museo della conchiglia, estremamente calda. Ha la jeep Toyota più scassata che io abbia mai visto. Dopo un primo momento di sconcerto, del genere ‘ma dove sono finito’, in realtà a cena tutto si è sciolto, e io anche. Una eccellente serata. Ora sono in questa sua guest house, dall’altra parte della strada, ho un cane bellissimo che veglia su di me e dorme al mio fianco, la notte sulla caleta è magnifica. Ancora un soprasalto di riconciliazione con la vita.

Luis è di padre italiano, siciliano per la precisione, è nato in California, e non sa una parola della sua lingua di origine. Mi sembra un uomo davvero a culo col mondo. Ha qui tutto quello che gli serve, e visibilmente non è disposto a lasciarlo per tutto l’oro del mondo. Tantissimi anni fa è stato lasciato dalla moglie canadese e si è scelto questo buen retiro. Come dargli torto. Non ha nessuna intenzione di tornare a New York, dove vivono fratelli e sorelle, e tantomeno in California. E’ per incontrare persone così che è bello girare il mondo. E’ per questo che non ho una lira, e ne sono felice.

Abito nel barrio più povero della città, Guayacan, che è molto bello.
Baia di Tongoy, bella e turistica, ma praticamente per soli cileni. Tutto è pesce e pescatori. I bambini lanciano gli avanzi ai pellicani, non so dire se erano maggiori gli urli di gioia degli uni o degli altri. I pescatori maneggiavano calamari grandi come squali, e squaletti grandi come calamari… Poi via alle spalle un pezzo, che un pellicano ingloba la volo senza lasciarlo cadere in acqua. Fantastico.
Pranzo, El Pequeno, il piccolino, difficile da scordare.

La Serena è una piccola città turistica come tante altre, simpatica, dimenticabile. Indimenticabile invece la splendida valle dell’Elqui. Una stretta e lunga feritoia nella terra, verdissima al centro, e con tutte le sfumature del secco sulle alte montagne ai lati. E un cielo blu ai limiti dell’impossibile. E a Pisco Elqui, vedere come fanno il pisco (dopo averne, ehm, tanto bevuto) in distillerie vecchie di 100 anni, è davvero strano.
Senza Luis, senza la sua Toyota scassata che la massimo, in discesa, lanciata, fa i 70 (come un nandu!), senza il tappo del radiatore sostituito da uno straccio, che si spegne solo strappando un filo da sotto il volante, come avrei potuto fare tutto ciò? E bagnare i piedi nell’Elqui? (“Ho bagnato i miei piedi nel Rio Elqui”, che titolo!). E quella impressionante diga… Che ha fatto di un rio un enorme lago, blu come il blu dei pittori, con tutt’attorno la corona rosa dell’arido… (dio come sono romantico).
Eccellente, per finire, la sbronza di stasera. La classica ciliegina sulla torta


*


13 Gennaio. Come tutte le mattine, a Coquimbo, è grigio, freddo, pioviggina… Sembra impossibile credere che alle 13 precise splenderà il sole e il cielo sarà blu. Ma succede sempre. Ora però è grigio, come un po’ il mio umore nel salutare questo gentilissimo pazzerello, libero uomo americano. Mi ha regalato tre giorni spettacolosi, chissà mai come potrò ricompensarlo, visto che non ha voluto un peso (e nemmeno un dollaro, del resto).

Ridevano, quando dicevo che mi ero preso in viaggio sei libri. Ebbene, li ho letti tutti, e anche belli tosti: Zanotelli, Paasilinna, Algren, Sebald, Findley, Vonnegut. Con questo ritmo arriverei a 240 all’anno, invece dei soliti 100-120. A parte l’intrinseca bellezza del leggere, il desiderio inestinguibile di capire, l’uso magico del tempo, lo scopo sarebbe…

Giusto in tempo per vedere un’altra idea originale di Santiago: una cyberlavanderia. Fai partire la lavatrice, e nell’attesa ti colleghi a internet. Buona idea, e parecchie pagine in meno lette.

A Coquimbo ci fu una grande immigrazione italiana. La maggior parte degli oriundi è ligure, e si chiama Callegari. Quando lo dirò al mio, di Callegari…

Ultima sera. Paseo Ahumada di Santiago, non c’ero mai stato, di notte. E’ incredibile la quantità di gente che vi gravita. E la quantità di venditori di cianfrusaglie, involtini primavera, CD taroccati, vestitini di bimbi, libri di Coelho e Isabel Allende, coltelli, videocassette porno e no, intimo per signora… Tutti interra. Poi in cima alla strada comincia a lampeggiare la luce di un cellulare dei carabinheros, e in 10 secondi tutto scompare.

Valutazione del budget. Tolti i soldi per il taxi di domani mattina, mi restano un paio di banconote per mangiare (per una volta!) in un ristorantino decente. Mangiobene, nel Barrio Santa Lucia, tranquillo ed elegante. Fumo,lentamente, un avana. Pago l’equivalente di 14 euro , uno sproposito. Sono un principe, e la vita talvolta è rassicurante.

Nel complesso i cileni mi hanno fatto una buona impressione, e così il loro paese. E’ una società civile, non nevrotica, dove la gente ha un passo sereno e una gentilezza naturale. Anche l gente economicamente svantaggiata è ben lungi dall’essere disperata. Nessuno nelle città piccole. E a Santiago sì e no una mezza dozzina di persone che allungava la mano, soprattutto anziani, e una mamma con bambino (una!). In una città tra i 4 e i 5 milioni di abitanti, una calma sorprendente.

(neanche scritto questo, che assisto a uno scippo di catenina con estrema destrezza, In piena O’Higgins, alle 11 di sera. Ce ne siamo accorti solo io e la signora che l’ha subito. Lui era troppo veloce per me, con le mie vecchie ginocchia scricchiolanti).

Stasera, allo stadio, suonano gli Iron Maiden… Solo un paio d’anni fa avrei fatto di tutto per andarci, mica per gli stessi, di cui francamente non mi frega niente, quanto per curiosare, per vedere come sono i metallari cileni… Comunque non ho più un soldo, solo il necessario per il taxi domattina.
E allora, a letto.
!Que viva Chile!