di Giuseppe Cervino
C’era una volta un paese lontano i cui abitanti erano molto felici e 
  vivevano in pace e tranquillità.
  Non c’era povertà perché ognuno aveva il suo lavoro: chi 
  coltivava i campi, chi costruiva, chi allevava gli animali, chi lavorava il 
  legno e chi il ferro. Tutti si preoccupavano dell’aspetto del paese: alcuni 
  pulivano le strade, altri curavano le aiuole ed i giardini, altri ancora addobbavano 
  le case in occasione delle festività. La gente si alzava al mattino presto 
  ed andava a letto con le galline perché, come potete immaginare, durante 
  il giorno era molto occupata e la notte tutti dormivano il sonno del giusto.
  Un giorno, però, alle porte del paese si presentò uno straniero 
  a cavallo. Pareva male in arnese, anche se era ben vestito ed aveva un portamento 
  da gran signore. Venne accolto con grande ospitalità – come sempre 
  avveniva con gli stranieri che infatti si fermavano volentieri a riposare in 
  paese durante i loro viaggi – e gli venne chiesto il perché del 
  suo aspetto malsano: così lo straniero cominciò a raccontare…
  “Vengo da molto lontano e sono un mercante in viaggio di affari: debbo 
  curare l’acquisto di tessuti preziosi per i miei commerci e sono diretto 
  ad est, dove trovo le stoffe che mi interessano. Ero in viaggio da una settimana 
  e mi trovai costretto a pernottare in un bosco, contrariamente alle mie abitudini. 
  Temo molto, infatti, i briganti che a volte si trovano per la via e che assalgono 
  i viandanti solitari specialmente la notte. Così accesi il fuoco per 
  tenere lontane le bestie e mi addormentai, rannicchiato sui miei averi e le 
  mie vettovaglie.
  All’improvviso, non so dire dopo quanto tempo, venni svegliato da una 
  mano sulla spalla.
  - Potrei avere un po’ di cibo ed acqua, per carità? Sono in viaggio 
  anch’io e non mangio da due giorni perché gli animali mi hanno 
  portato via le provviste nel sonno…
  Ero così spaventato ed ancora mezzo addormentato che risposi, d’impulso:
  - Andate via di qua, immediatamente! Non vi darò nulla!
  - Vi prego, per l’amor di Dio! Il paese più vicino è a tre 
  giorni da qui ed io ho fame e sete!
  - Ho detto no! Andatevene e lasciatemi dormire!
  - Ah, volete dormire? Ebbene cosa vi costava darmi quel po’ di aiuto che 
  chiedevo? Sappiate che io vi maledico e che per la vostra crudeltà non 
  potrete mai più chiudere occhio!
  Così disse e si allontanò, scomparendo nel buio della notte.
  Mi resi subito conto dell’enormità di ciò che avevo fatto 
  e tentai di richiamare lo sconosciuto ma non ricevetti risposta, solo il verso 
  di disapprovazione di un gufo che doveva aver assistito alla scena.
  Da quel momento non riuscii più a prendere sonno, né quella notte 
  né tutte le altre che seguirono: con l’ultima, sono diciassette 
  notti che non dormo. Fra tutti gli incontri che mi potevano capitare, proprio 
  in uno stregone dovevo imbattermi! Già, perché solo un potente 
  sortilegio può impedirmi di prendere sonno con la stanchezza che ho accumulato. 
  Temo di dover passare così il resto dei miei giorni”
  Lo straniero non si trattenne molto, giusto il tempo di far riposare un po’ 
  il cavallo e fare provviste per il resto del viaggio: aveva infatti fretta di 
  proseguire per ritrovare lo stregone che lo aveva maledetto. Da quel momento, 
  però, in paese non si parlò d’altro. La faccenda sembrava 
  così strana a tutti e la gente cominciò a chiedersi come si potesse 
  trascorrere una notte, o parte di essa, senza dormire.
  Finché accadde che il fabbro, quando era nel pieno del sonno, aprì 
  un occhio. Poi l’altro. Poi li richiuse ma solo per riaprirli subito dopo 
  entrambi. Gli ci volle del bello e del buono per riaddormentarsi e la mattina 
  dopo corse subito a raccontarlo a tutti quelli che incontrava per strada. La 
  sera successiva andò a letto tutto eccitato e, com’era facile prevedere, 
  non riuscì ad addormentarsi che poco prima dell’alba.
  In capo a qualche giorno il fabbro non era più il solo ad avere il sonno 
  disturbato da risvegli indesiderati o a fare fatica a trovare la posizione giusta 
  nel letto per scivolare dolcemente nell’incoscienza. Al barbiere cominciava 
  a tremare la mano, all’orologiaio si chiudeva anche l’occhio che 
  guardava attraverso la lente d’ingrandimento, persino il pastore era rimasto 
  vittima di questa strana manifestazione e non trovava conforto nemmeno nel contare 
  le sue pecore. Così venne affidato l’incarico di trovare il rimedio 
  a tre alte personalità del paese: il curato, il farmacista ed il dottore.
  Il curato sentenziò senza esitare che la causa risiedeva in un contagio 
  da parte dello straniero: dandogli ospitalità il paese aveva in qualche 
  modo condiviso il suo peccato di egoismo e dunque la sorte che lo aveva colpito. 
  Sosteneva inoltre che poteva trattarsi di un effetto limitato alle persone che 
  avevano avuto un contatto più ravvicinato con questi e consigliò 
  loro di fare penitenza trascorrendo un’intera notte all’addiaccio.
  Accadde però un fatto non previsto dal curato: vagando su e giù 
  per le strade, i malcapitati facevano un rumore del tutto insolito per il paese 
  e, a poco a poco, altri cittadini addormentati a loro volta si svegliarono. 
  In breve le strade del paese furono percorse dal doppio delle persone sveglie: 
  il problema non solo non era risolto ma era moltiplicato per due.
  Il farmacista disse che anche secondo lui si trattava di contagio ma che l’unico 
  rimedio poteva essere una pianta medicinale che solo lui conosceva e della quale 
  aveva i semi, assai rara perché difficilissima da coltivare. Subito tutti 
  i contadini comprarono i semi e provarono a piantarli ma senza ottenere risultati, 
  così intensificarono gli sforzi, dedicando sempre più tempo e 
  maggiori estensioni di terreno alla coltivazione dell’erba medicamentosa 
  ma l’unico risultato fu che, nel volgere di poche settimane, in tutto 
  il paese non si trovavano più insalata o patate o altri ortaggi, i contadini 
  vedevano i loro affari languire ed in breve tempo persero il sonno anche loro 
  per la preoccupazione.
  A questo punto gli abitanti insonni erano quasi la metà ed intervenne 
  il dottore:
  - Occorre assolutamente fermare questa gravissima epidemia: il morbo si è 
  rivelato assai contagioso e bisogna salvare a tutti i costi i nostri concittadini 
  che ancora non ne sono colpiti! Verrà costruito un edificio appena fuori 
  dalle mura dove quelli che ancora riescono a dormire potranno andare a farlo 
  senza il rischio del contagio.
  Così venne fatto: un immenso edificio fu costruito in men che non si 
  dica e, appena fu pronto, tutti gli abitanti del paese che avevano conservato 
  il sonno vi si precipitarono, armati di lenzuola e cuscini e pronti a difendere 
  il loro prezioso bene. Purtroppo, il rimedio si rivelò peggiore del male 
  perché, alle prese con un luogo e soprattutto con un letto nuovo, quasi 
  nessuno riuscì più a dormire bene come aveva fatto sino alla notte 
  prima. Oltre a ciò, le casse della città erano rimaste vuote a 
  causa dell’altissimo costo dell’edificio.
  Su tutto il paese era piombato un cupo sconforto: solo pochissimi degli abitanti, 
  perlopiù i bambini, riuscivano ancora a dormire. I generi alimentari 
  e, per la verità, un po’ tutto scarseggiava perché, senza 
  sonno e con poco cibo, nessuno riusciva a fare il proprio lavoro come prima. 
  Gli abitanti erano tristi e malmessi, non si festeggiava più alcuna ricorrenza, 
  le strade e le abitazioni apparivano sporche e trascurate, irriconoscibili per 
  chi vi fosse passato solo pochi mesi prima.
  Giunse infatti, di ritorno dall’est, un viaggiatore che all’andata 
  aveva fatto tappa nel paese e che fu molto sorpreso nel trovare una situazione 
  così differente. Anche la proverbiale ospitalità era scomparsa, 
  sostituita da apatia ed indifferenza: il viaggiatore chiese i motivi di questo 
  straordinario cambiamento. Gli venne raccontata tutta la storia, dall’inizio, 
  e quando apprese l’accaduto questi scoppiò in una fragorosa risata.
  - Come vi permettete di ridere delle nostre disgrazie? – insorsero i presenti, 
  scossi dall’indignazione che, almeno, li aveva strappati alla loro apatia.
  - Rido perché il potente stregone che, con la sua maledizione, ha originato 
  tutto questo disastro penso di essere proprio io!
  La gente fu presa da un terrore senza nome. Chissà quali altri terribili 
  sortilegi – pensarono tutti – ci attendono ora! Solo un bambino 
  ebbe il coraggio di dire qualcosa:
  - Se sei così potente e hai scatenato tutto questo, forse tu puoi anche 
  cancellare i terribili effetti della tua maledizione. Noi non siamo colpevoli 
  per le cattive azioni dello straniero e non ci meritiamo questa disgrazia!
  - Direi proprio di no e, in un certo senso, credo anche di poter cancellare 
  il sortilegio – rispose il viaggiatore, e continuò – perché 
  vedete, in realtà non esiste alcun sortilegio ed io non sono uno stregone, 
  né potente né malvagio. Sono solo un povero viaggiatore al quale, 
  in un momento di bisogno, è stato fatto un grave sgarbo. La maledizione 
  che ho lanciato sulla testa del malcapitato mercante aveva tutta la forza della 
  mia rabbia ma nessun potere magico.
  - E come è potuto accadere, dunque – replicarono i presenti, un 
  po’ rassicurati dalle nuove rivelazioni del viaggiatore - tutto quello 
  che è seguito alla vostra maledizione? E come ha potuto raggiungere persino 
  noi che non eravamo presenti?
  - Come è potuto accadere? Semplice: il mercante si è subito reso 
  conto della cattiva azione commessa ed è stato colto dal rimorso che, 
  assai di frequente, è il peggior nemico di un sonno tranquillo. La suggestione 
  e la paura della stregoneria hanno fatto il resto.
  - Forse è credibile. Ma come spiegate, allora, ciò che è 
  capitato al nostro paese? Vedete voi stesso in che condizioni ci siamo ridotti!
  - Ascoltatemi bene: la superstizione, la paura, la suggestione insieme all’ignoranza 
  ed ai cattivi consigli possono essere molto, molto potenti, ancor più 
  di un sortilegio. Era probabilmente già accaduto che qualcuno di voi 
  si svegliasse nel cuore della notte ma eravate presi dalla stanchezza e senza 
  alcuna coscienza di maledizioni o stregonerie, così il sonno aveva sempre 
  e facilmente avuto la meglio e nessuno ci aveva fatto caso. È bastato 
  che qualcuno vi parlasse della propria cattiva coscienza che avete cominciato 
  a dubitare della bontà della vostra, a parlare di magie e peccati e contagi, 
  quando invece la cosa più contagiosa che vi abbia colpito è stata 
  proprio la paura. Le vostre uniche preoccupazioni sono diventate quella di non 
  poter mai più dormire e quella di non essere contagiati. A nessuno è 
  venuto in mente che non esisteva un solo, buon motivo perché ciò 
  dovesse accadere e che dunque il sonno sarebbe potuto tornare da solo. Nessuno 
  ha pensato che qualche ora di veglia in più potesse essere anche un’occasione 
  per scambiare due parole con un vicino, magari davanti ad un buon bicchiere. 
  A peggiorare il tutto, chi aveva la responsabilità di condurvi fuori 
  da questa sventura si è rivelato non all’altezza del compito o, 
  peggio, ne ha persino approfittato. La paura si è mangiata la vostra 
  anima ed il vostro buon senso, che pure – io lo ricordo bene – erano 
  grandi.
  Siamo dunque condannati per sempre a questa vita triste e senza sogni?
  Certo che no – rispose il viaggiatore, con un sorriso che riuscì 
  ad allargare i cuori di molti – Però dipenderà da voi, da 
  quanto riuscirete a ritrovare fiducia gli uni negli altri ed in voi stessi. 
  Se saprete trarre un buon insegnamento da questa storia non solo ritroverete 
  il vostro sonno ed i vostri sogni ma sarete anche immunizzati da altre maledizioni, 
  stregonerie e contagi che potranno attraversare il vostro splendido paese.